Saturday, November 18, 2017

Der Freischütz (Il Franco cacciatore) - Teatro alla Scala, Milano

Foto: Brescia&Amisano

Renzo Bellardone


Tema caro al romanticismo europeo è rappresentato dall’eterno duello tra il bene ed il male e dall’esaltazione degli alti sentimenti (quanto vorrei che oggi fossero ancora così alti!!) del dovere, la lealtà, l’etica ed un grande senso della correttezza! Altro tema importante era il ‘perdono’ che veniva concesso con delle condizionali (e non come sovente avviene oggi, incondizionatamente per una sorta di lassismo sociale).  Der Freischütz contiene tutti questi elementi e quale prima opera romantica apre le porte alle successive composizioni, con temi importanti, come i leit motiv, esaltati poi da Wagner.

Allestimento studiato e curato da Matthias Hartmann alla regia decisamente attenta e curata, dove nulla è lasciato agli interpreti (quante volte invece  si deve percepire..) , ma tutto fila sul binario della costruzione e di significati espressi; Raimund Orfeo Voigt ha creato delle scene essenziali, ma intellegibili,  con chiara lettura classica,  inserendo elementi scenici luminosi a dettagliare le montagne sullo sfondo piuttosto che la casetta nei boschi, la chiesetta o la casa di Agathe decisamente affascinante e descrittiva. Alberi altissimi neri e stilizzati creano il bosco ed  il fuoco sul palco è sempre di forte suggestione, quasi ad evocare paure e timori peraltro attrattivi dell’infanzia. Il coro, diretto da Bruno Casoni, è molto presente ed importante ed ha dato prova di grande professionalità sia nel canto che nell’interpretazione attoriale: la massa qui è stata usata per implementare la scena e rendere credibile il villaggio. La direzione di Myung-Whun Chung oltre che efficace con il golfo mistico è stata bella da vedere e gustare il gesto attento e coinvolto: grande direzione!  Ancora una parola sull’allestimento ed un plauso ai costumi di chiara ispirazione popolare boema, ma rivisitati e ripensati da Susanne Bisovsky e Joseph Gerger con la collaborazione di Malte Lübben in una esplosione di colore e di significato, come il grande velo bianco a terra che si alzerà in volo assieme alla casa per dileguarsi nello spazio celeste.Le luci di Marco Filibeck non deludono mai ed anche in questo ‘Franco Cacciatore’ sono disegnate e dosate con grande efficacia. Veramente la tentazione di scrivere ancora della scena, dell’orchestra e della drammaturgia pregevole di Michael Küster  sarebbe alta, ma è giusto riservare spazio alle voci. 
Michael Kraus è il baritono che interpreta il principe boemo con piglio e fermezza, lasciando alla voce profonda e tonale oltre che al gesto la declinazione dei sentimenti e delle decisioni, che opportunamente motivate si possono mutare. Il guardiaboschi del principe, ovvero Kuno è lasciato a Frank van Hove che esprime con bel colore e bel temperamento quanto sta nel personaggio; Agathe, l’amata da Max e da questi ricambiata, incontra la splendida voce di Julia Kleiter che con un bel timbro caldo e avvolgente  sa imprimere profondità per poi innalzarsi alla freschezza scintillante, fino quasi alla misticità “Sommessa, lieve, pia melodia..” la Kleiter è sovente affiancata in scena  dalla brillante Eva Liebau, soprano, che affascina per la scioltezza, il timbro e la caratterialità,  unite ad un ottimo fraseggio (opera cantata in originale in tedesco). Il ricco contadino Kilian incontra la voce importante e calda di Till Von Orlowsky, cosi come Ein Eremit viene esaltato da Stephen Milling che sfodera una suadente voce da basso perfettamente adatta al ruolo del paciere super partes: sarà infatti l’eremita a fine opera a convincere il principe a dare ancora una opportunità a Max, secondo apprendista cacciatore e promesso di Agathe. Max è interpretato dal tenore Michael Kӧnig che senza ombra di dubbio è convincente con una tonalità calda e arrotondata. Kaspar, il primo apprendista cacciatore è Günter  Groissbӧck, sicuramente  il più preponderante scenicamente  sia per la fisicità esibita tra le fiamme che per l’atleticità dei movimenti: vocalmente diventa impressionante alla ‘gola del lupo’ quando la voce riecheggia con echi e rimandi; sicuramente valido interprete. Appropriati e convicenti anche gli altri ruoli. La Musica vince sempre.

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